Perché il Covid-19 può rappresentare anche un'opportunità educativa
In questa riflessione mi rivolgo in particolare a chi è genitore di un bambino che si sta costruendo come individuo e futuro adulto, che si trova insomma a crescere – con le differenti sfide che caratterizzano ogni fascia d’età – in questo momento storico di notevole impatto sociale e comunitario.
Ci troviamo attualmente a un anno compiuto di distanza da quando, in una modalità diffusa e generalizzata piuttosto inedita per la contemporaneità, ci siamo trovati tutti a confronto con un virus che ha inciso non solo sulla salute dei singoli, ma anche sulle relazioni sociali, lavorative e le abitudini primarie di vita in modo sostanziale. Le conseguenze di tutto ciò sono ormai evidenti, sebbene in divenire, stratificate per ambiti e contesti differenti, motivo per cui non ne farò oggetto di analisi in toto in questo articolo.
Vorrei invece aprire uno spazio di pensiero per tutte quelle mamme, papà, nonni ed educatori, in quanto figure di accudimento e riferimento relazionale di bambini e adolescenti, che in questa difficile situazione si sono trovati a dover anche fare della pandemia oggetto di spiegazione e riflessione a tutti quei giovani che hanno visto modificare alcune tra le certezze più incrollabili della loro quotidianità, come la frequentazione della scuola e le relazioni con i propri coetanei. Quanto è stato difficile introdurre prima nelle loro attività quotidiane e poi nella loro mente un oggetto dalla natura invisibile, con tratti di pericolosità per la salute propria e degli altri, che ha portato alla necessità di distanze e isolamento dai propri affetti, fino a condurre a direttive impositive da parte di un sistema politico che hanno sancito una unicità, qualcosa di mai visto né esperito da molti di noi.
Perché non si può uscire di casa? Perché non posso andare a scuola? Perché non posso vedere i miei amici?
Perché non ci vengono a trovare i nonni? Queste sono state sicuramente solo alcune delle domande che gli adulti si sono sentiti rivolgere dai propri piccoli in questi mesi complicati e altalenanti, con il difficilissimo
compito che, in particolare i bambini, pretendono sia adempiuto, di trasformare tutto questo in un oggetto di senso, contornato di significato e quindi pensabile. Operazione complessa quanto gravosa ma estremamente necessaria per poter rendere sostenibile un’esperienza di tali proporzioni.
Mi piacerebbe quindi provare a introdurre una chiave di lettura di questo fenomeno che possa venire in aiuto di chi si trova a dover fronteggiare questo difficile compito: costruire un senso possibile che possa essere trasmesso ai più piccoli.
Quello che intimamente rappresenta l’esperienza di ciò che costituisce e contorna il Covid-19 è l’incontro con il reale di un limite. Qualcosa che si presenta alla vita così, nudo e crudo, arriva senza annunci, esiste e basta, tracciando una linea invisibile ma che si erige a muro con cui necessariamente confrontarsi. Ci si può sbattere la testa contro, lo si può scrutare da vicino alla ricerca di una falla, percorrere nella sua lunghezza alla ricerca della sua fine, restarvi innanzi attoniti e impotenti. Ma ad ogni modo, il muro è lì. Questo è il reale di un limite. Una pandemia è certamente un incontro-scontro dall’impatto duro e inaspettato, ma la vita è costellata di piccoli e grandi esperienze di questo tipo. Ed è proprio il tipo di proposta sociale e culturale di maggioranza che si è affermata nel contesto odierno che, paradossalmente, rende il confronto con tutto questo così faticoso e doloroso: siamo nell’era dell’autorealizzazione e di un individualismo liberale che presuppone che tutto o quasi sia possibile; i confini geografici e temporali sono sorvolati da una realtà virtuale che ha creato un territorio globalizzato di fruizione e frequentazione senza luogo, senza tempo, anche senza identità necessaria. Il discorso sociale propone un modello generalizzato in cui, di fondo, è il libero mercato a fare gli individui: con la giusta moneta fai e quindi sei ciò che vuoi al prezzo migliore.
Circostanzialmente a questo articolo, al di là degli innumerevoli approfondimenti che si potrebbero sviluppare in merito, si può dire che, mediamente, i bambini e i ragazzi delle ultime generazioni stanno crescendo in questo tipo di humus, un terreno in cui il No in senso simbolico, il limite, è poco supportato e sopportato dalla comunità. Questo può rendere i piccoli adulti in divenire piuttosto mal equipaggiati nel sostenere l’incontro inedito ma inevitabile con il reale che prima o poi, in svariate forme, bussa alle loro porte.
Ecco perché, forse, ripensare a questa pandemia anche come un’occasione educativa può costituire un modo diverso per accettare e affrontare gli aspetti più faticosi e difficili di questa situazione per i bambini. È
l’occasione estrema di poter fare esperienza di un limite reale in una modalità condivisa che difficilmente si sarebbe altrimenti presentata per i più piccoli, insegnando loro che tutto questo è parte della vita e sapercisi confrontare significa non venire sopraffatti da una molteplicità di sentimenti dolorosi e intensi, che facilmente possono diventare fonte di malessere. Questo è il messaggio che può essere utile a guidare un adulto nell’aiutare chi ancora si sta strutturando, sta crescendo, ha margine di trattativa con i propri limiti interni. Ma come trasmettere tutto questo nella pratica? Ebbene, lo studio dell’umano ci insegna che laddove si tratta di tentare di contornare di significato esperienze di limiti nel reale la soluzione sta nella ricerca, costruzione e condivisione di pratiche rituali. Il rituale è fondamentale come strumento di
traduzione simbolica di qualcosa che in quanto reale non è sostenibile di per sé, proprio perché assente di significazione.
Perciò, ritengo che il tentativo debba andare nella direzione di costruire delle pratiche che si fondino sulla condivisione di un senso che abbia valore nella famiglia o nel contesto di riferimento per i più piccoli, considerando che un rituale è tanto più potente quanto più è riconosciuto da molti e quanto è capace di istituire un processo di metaforizzazione.
Per sviluppare ulteriori riflessioni, approfondire dubbi e sostenere il percorso genitoriale che stai
affrontando, contattami via email all’indirizzo luciaserrano.ge@gmail.com.